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Giornata Mondiale del Rifugiato – 2016

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Fonte: UNHCR

DA COSA  FUGGONO I RIFUGIATI?

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59.2 milioni sono state le persone forzate a fuggire dai loro paesi nel 2015. un numero in aumento, se si pensa che nel 2014 erano 51,2 milioni e 10 anni fa 37,5 milioni.

D

a gennaio 2016, 300 persone al mese sono morte nel mar mediterraneo nel tentativo di fuggire da conflitti, fame ed in cerca di una vita migliore.

 

I

l numero di arrivi è in linea con quello dell’anno scorso (circa 25.000 dall’inizio del 2016), il che dimostra che non si tratta di emergenza ma di un fenomeno strutturale.

 

P

iù di 65 stati hanno eretto muri per difendere i loro confini dalle persone che fuggono dai propri paesi.

 

S

olo nella giornata del 26 maggio 2016, sono state 4.000 le persone salvate a largo delle coste libiche.

 

28 maggio 2016: nei giorni precedenti, 700 persone hanno perso la vita in tre naufragi.

 

N

el 2014, delle 170.100 persone arrivate in Italia, solo 63.655 hanno fatto richiesta di asilo. una differenza di oltre 106.000 persone

 

L

a Toscana ha scelto il modello dell’accoglienza diffusa. i richiedenti asilo vivono in circa 110 case sparse che si trovano in circa 37/38 diversi comuni toscani.

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UN CAMBIAMENTO DI IMMAGINE
• È cambiata l’immagine dei rifugiati: da eroici oppositori politici di regimi oppressivi a vittime traumatizzate.
• Mentre nel passato l’asilo era una misura eccezionale concessa per casi eccezionali, oggi si tratta di masse di persone ordinarie, perseguitate non per ciò che hanno fatto, ma per ciò che sono, per religione, lingua, appartenenza etnica. O soltanto per il fatto di trovarsi in un luogo sbagliato, teatro di operazioni belliche: la loro sfortuna è di essere perseguitati anonimamente.

 

 

DAL DIRITTO ALLA COMPASSIONE

Riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle nazioni europee appare come un atto di generosità da parte di una comunità nazionale verso uno ‘straniero sofferente’, anziché il pagamento di un debito politico verso dei cittadini dell’umanità. Costruiti come immigrati illegali e comunemente etichettati come clandestini, i richiedenti asilo oscillano tra essere oggetto di repressione e di compassione.

Didier Fassin, Antropologo

 

SONO I PAESI RICCHI AD ACCOGLIERE?
  • In rapporto agli abitanti: Libano 232 per 1.000 abitanti (ma ora sono forse vicini ai 300); Giordania 87; isola di Nauru, 39.
  • In Europa: Malta 23, Svezia 9. L’Italia poco più di 2.
  • Per ogni dollaro di PIL pro capite: Etiopia 440; Pakistan 316; Ciad 203
  • I numeri europei sono decisamente inferiori: la Germania accoglie 494.000 tra rifugiati riconosciuti e richiedenti asilo, la Francia 310.000, la Svezia 226.000, l’Italia 140.000.

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COSA SUCCEDE AD AREZZO?

Anche quest’anno Segni Concreti sostiene la Giornata Mondiale del Rifugiato, attraverso due eventi:

Venerdì 17 giugno 2016.
Casa delle Culture di Arezzo, Via Amintore Fanfani 5 –  9:30 -13:00

Si parte alle 9.30 con una presentazione sul tema della tutela giuridica dei richiedenti protezione internazionale, tra cambiamenti normativi e scenari internazionali, la giornata si concluderà con l’inaugurazione della mostra fotografica di Vincenzo Valtriani dal titolo “Integrazione”, socio di Segni Concreti.

La mostra raccoglie fotografie realizzate in varie parti del continente africano, le fotografie sono state donate alla Casa delle Culture di Arezzo nella consapevolezza che ogni piccola azione possa contribuire all’integrazione.

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Vedi il programma

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Lunedi 20 giugno 2016.
In collaborazione con il Circolo Circolo Aurora, piazza Sant’Agostino, a partire dalle 21:00 – 23:30

La serata si apre con la proiezione del cortometraggio:
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Io non sono solo. Io non ho paura. Io ti Amo.
Realizzato da Alessandro Braga e Luca Viviani, soci di Segni Concreti.

A seguire si esibiranno alcuni musicisti, che hanno deciso di sostenere il nostro impegno suonando gratuitamente. Si tratta di:
Jacopo Carducci e Lorenzo Tizzanini
anima rock, blues in chitarra e voce
Groova Groova
Poliritmi e polipercussioni

 

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Io non sono solo. Io non ho paura. Io ti Amo.



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LETTERE DI GIOVANI RIFUGIATI


APPROFONDIMENTI

Testimonianze raccolte da operatori italiani

  • SAMSON

    Samson, eritreo, 16 anni. «Sono stato rapito e rinchiuso per 3 mesi nel Sinai insieme ad altre 150 persone, eritrei, etiopi e somali, senza acqua e senza cibo, ogni tanto lanciavano del pane e chi era fortunato mangiava. Mi hanno torturato per avere più soldi e ancora soldi, mi legavano e facevano cadere addosso le gocce di plastica fusa bollente, mi hanno appeso a testa in giù per percuotere i piedi e impedirmi di scappare, ho avuto un braccio rotto, ma un giorno un compagno è riuscito a svitare la cerniera della porta e siamo riusciti a scappare”.
  • TAREKE

    Il viaggio di Tareke, che ha 17 anni, è durato poco più di un anno, nel tragitto tra il Sudan e la Libia, in 30 su un pickup dei trafficanti, qualcuno ha fatto qualcosa che non andava e loro, sotto l’effetto di droghe che prendevano in continuazione, li hanno tirati giù dal mezzo, li hanno cosparsi di benzina e gli hanno dato fuoco davanti a noi. «In Libia – dice il ragazzo –siamo stati chiusi per 4 mesi in una fabbrica di sardine vicino a Tripoli, in più di mille persone, venivamo percossi con delle barre di ferro per ricattare i nostri parenti o amici che ci sentivano urlare dal telefono, per avere più soldi. Da me i trafficanti hanno avuto 5.500 dollari per tutto il viaggio: 1600 dall’Etiopia al Sudan, 1800 dal Sudan alla Libia e 2000 dalla Libia all’Italia».
  • FEBEN e LEM LEM

    Feben e Lem Lem hanno rispettivamente 16 e 18 anni, sono sorelle, erano insieme mentre attraversavano il fiume Tezeke al confine con il Sudan dentro un contenitore tirato da una corda, nell’acqua c’erano molti coccodrilli. Racconta Feben: «Una volta in Sudan i trafficanti del posto ci hanno portati in Libia vicino a Bengasi e ci hanno rivendute per 1.700 dollari a testa agli altri trafficanti che organizzavano la traversata del mare per la quale abbiamo pagato 1.800 dollari ciascuna. Abbiamo aspettato un mese rinchiuse prima di imbarcarci, e poi in mare eravamo sospese tra la vita e la morte, il motore del barcone si è rotto e tutti gridavano forte, ci stringevamo, pregavamo, pesando a nostro fratello che è in Inghilterra. Vogliamo raggiungerlo ma non sappiamo come fare». «I nostri genitori sono in Eritrea insieme ad un’altra sorella e ad un fratello, non abbiamo notizie di loro, non sappiamo se partiranno dopo di noi. Nessuno vuole lasciare il proprio Paese, non lo auguro a nessuno, mi vergogno per averlo fatto e aver perso ogni dignità, ma voglio studiare, diventare un avvocato e difendere i diritti umani».
  • M.

    M., 17 anni, egiziano. «Ho deciso di venire in Italia perché ho visto delle foto di alcuni amici su Facebook, erano belle… quando erano in Egitto le loro facce erano stanche mentre in quelle foto erano belli, riposati, con il sorriso. […] Avevo deciso di partire e, per convincere mio padre a pagarmi il viaggio, gli mostravo le foto del mio amico ma mio padre mi diceva di non fidarmi di internet. Dato che avevo lasciato la scuola, assillavo in continuazione i miei genitori perché mi pagassero il viaggio. Mia madre appoggiava la mia decisione di partire per evitare i conflitti quotidiani in famiglia. Il mio povero padre è stato costretto a indebitarsi con la banca e a ipotecare la nostra casa per pagarmi il viaggio verso l’Italia. Quando sono arrivato in Sicilia, ho telefonato al mio amico al numero italiano che avevo trovato sulla sua pagina Facebook. Gli ho chiesto di ospitarmi da lui a Milano. Il mio amico ha iniziato a raccontarmi le sue difficoltà e mi ha consigliato di rimanere nella struttura fino a quando non avrò il permesso di soggiorno. Solo ora mi sono reso conto delle bugie del web. Aveva ragione il mio povero papà!»
  • O.

    O., nigeriano di 16 anni, ha deciso di fuggire dalla Nigeria dopo lo scoppio di un conflitto tra due gruppi etnici nella regione in cui viveva con la madre per questioni legate alle proprietà terriere della zona. Dopo aver perso la madre a causa del conflitto, O. è stato costretto a nascondersi per alcune settimane, trascorrendo la notte in diverse case di amici di famiglia che gli hanno dato ospitalità. Questa difficile situazione lo ha spinto, anche su consiglio di alcuni amici che lo avevano contattato su Facebook, a intraprendere il suo viaggio verso l’Europa: «Vieni via il prima possibile! Fai come noi… ti aiuteremo, non preoccuparti!».
    (da Save the Children, Minori migranti. Un viaggio attraverso la rete, Roma, 2016)
  • SEGNI

    CONCRETI

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