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Le Mafie di Mezzo – #ConcretaMente

Dalila Sansone 

 

“Per quanto possa apparire scontato, riteniamo utile sottolineare che il concetto differisce da quello di organized crime. Le origine di quest’ultimo (del termine mafia ndr) vanno rintracciate nel dibattito politico e giudiziario, nell’ambito del quale è stato coniato per sottolinearne, a scopo repressivo, i tratti organizzativi e criminali. La mafia comprende questi due aspetti  – un’organizzazione, con finalità criminali – ma non può ridursi ad essi; va piuttosto indagata all’intersezione tra le dimensioni sociale, economica e politica che ne connotano la continuità storica nel tempo e nello spazio”

Vittorio Martone, Le Mafie di Mezzo

 

Il termine mafia è pervasivo, compare un po’ ovunque, tanto da avere la sensazione di averci fatto l’abitudine, ci si può persino scoprire a sorvolarlo distratti, salvo improvvisi slanci di scandalo destinati ad esaurirsi al primo clamore successivo. Nel calderone mediatico in cui le differenze spesso perdono consistenza e l’attenzione fatica a distinguere tra la cronaca di un evento piuttosto che il resoconto di un altro, è facile trascurare, attutire o dimenticare l’indignazione, a tutto vantaggio di un sistema di vascolarizzazione capillarmente distribuito al punto da sembrare assente o trascurabile.

La semplificazione è un rischio sempre facile da correre eppure persistono settori, aree di indagine o di giudizio, per i quali dovrebbe essere bandita, in nome della sacrosanta importanza della percezione reale del rischio.

Il lavoro di Vittorio Martone si dirama dentro questo nucleo problematico e tocca gli interessi tanto degli addetti ai lavori, quanto di chi vuole superare la barriera della semplificazione e imparare a leggere la realtà e i fenomeni come essi stessi impongono di fare: nella totalità ambivalente delle loro sfaccettature.

Vittorio Martone_1Martone è un sociologo esperto di processi partecipativi nella governace ambientale, attualmente tiene l’insegnamento “Territorio Economia e Società” presso il corso di Laurea Magistrale in Comunicazione pubblica e politica dell’Università di Torino; si è occupato per anni dell’analisi sociologica dei fenomeni criminali, della corruzione e delle associazioni di stampo mafioso e loro corollari, quali le strategie di riuso sociale dei beni confiscati e i costi economici e sociali dei reati ambientali. Il lavoro di ricerca confluito nel volume Mafie di Mezzo, Mercati e reti criminali a Roma e nel Lazio (Donzelli Editore, 2017) raccoglie parte di questa esperienza, applicata al caso di Ostia e del basso litorale laziale, noto alle cronache per ragioni non solo giudiziarie ma anche per il particolare rilievo mediatico che ne ebbe la trattazione (con intimidazioni per “capocciate” e delegittimazioni politiche strumentali).

Non si tratta di classificare i fatti come reato di tipo mafioso o non, fattispecie che compete alla magistratura, bensì capire come il sistema di gestione degli affari criminali si muova dentro il lecito e lo deformi, sfruttando quelle che l’autore definisce “zone grigie”

Il testo mostra un punto di osservazione strategico perché il fenomeno mafioso, inteso come descrizione del modus operandi di gruppi criminali in un dato territorio, non viene affrontato dal punto di vista giudiziario ma sociologico. Non si tratta di classificare i fatti come reato di tipo mafioso o non, fattispecie che compete alla magistratura, bensì capire come il sistema di gestione degli affari criminali si muova dentro il lecito e lo deformi, sfruttando quelle che l’autore definisce “zone grigie”.

L’esternalizzazione dei servizi da parte del gestore pubblico ha creato aree fertili per l’attecchimento delle logiche affaristiche criminali, come nel caso della gestione dell’emergenza migranti nell’inchiesta Mondo di Mezzo (più nota come Mafia Capitale) ma soprattutto come sistematicamente accade nel caso dei reati ambientali. Pensare di contrastare il fenomeno esclusivamente attraverso la repressione è un esempio di semplificazione. Far collimare intervento giudiziario e sociologico, invece, risponde ad una visione “integrata” e più realistica della risposta istituzionale e civile.

Si tratta dunque di sistematizzare un metodo (analisi, strumenti preventivi, contrasto) in cui la partecipazione è decisiva. Per partecipazione si intende il coinvolgimento della società civile in tutte le fasi attive di prevenzione e contrasto, al fine di aumentare la consapevolezza rispetto al fenomeno e consolidare interesse e attenzione verso modalità di azione spesso considerate estranee alla dimensione privata, che non lo sono affatto per quella collettiva.

Il sequestro e la ricollocazione del capitale privato mafioso quindi non è misura di contrasto fine a sé stessa ma scelta etica e simbolica di scommettere sulle capacità e le possibilità di chi ne era stato estromesso. Una forma di educazione collettiva costruita su una ferita, che proprio per questo ha una potenzialità di radicamento più efficace di qualsiasi altro tipo di attività antimafia

Il riuso sociale dei beni confiscati alle mafie è un esempio molto chiaro del ruolo fondamentale della partecipazione. Coinvolgere la popolazione di un dato territorio nella valorizzazione socio-economica di un bene sottratto al crimine è un passaggio obbligato per la creazione di un nucleo di resistenza etica che funzioni da volano effettivo di sviluppo territoriale. I gruppi criminali sottraggono beni e servizi alla comunità, piegandoli alla logica dell’arricchimento privatistico. Il sequestro e la ricollocazione del capitale privato mafioso quindi non è misura di contrasto fine a sé stessa ma scelta etica e simbolica di scommettere sulle capacità e le possibilità di chi ne era stato estromesso. Una forma di educazione collettiva costruita su una ferita, che proprio per questo ha una potenzialità di radicamento più efficace di qualsiasi altro tipo di attività antimafia.

Dall’identificazione sociologica delle mafie, alle implicazioni del concetto di bene comune e del ruolo strategico della società civile, fino all’interrogativo sulla possibile esistenza di una sostenibilità reale dell’ordinamento sociale come argine all’individualismo affaristico e al consumo irreversibile di risorse e di valori. Questo il percorso dell’incontro con l’autore che parlerà di tali aspetti, portando esempi concreti e intessendo relazioni che spesso sfuggono o appaiono poco chiare.

La mafia dunque come vicino scomodo, che non alloggia sullo stesso pianerottolo o a un indirizzo specifico ma si annida nella mente e condiziona modi e risposte dello stato sociale.

L’incontro dal titolo Le Mafie di Mezzo – Il riutilizzo dei beni confiscati e il contrasto ai fenomeni criminali tra Stato e società civile, si terrà il 15 Giugno, alle ore 18:00 presso la Feltrinelli Point di Arezzo.

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 Dalila Sansone
Abracadalbero

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