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Giulio – #ConcretaMente

Giulio


Di Dalila Sansone

 

 “sfidare lo stato di emergenza e gli appelli alla stabilità e alla pace sociale giustificati dalla “guerra al terrorismo”, significa oggi, pur se indirettamente, mettere in discussione alla base la retorica su cui il regime (di Al-Sisi ndr) giustifica la sua stessa esistenza e la repressione della società civile”

Giulio Regeni

Parto da qui, dalle ultime righe di un articolo di Giulio, un articolo in cui riferiva del clima durante una riunione dei sindacati indipendenti nell’Egitto dell’ex generale Al-Sisi. Una dittatura. Militare.

Parto da qui, perché ricordo perfettamente una delle prime interviste rilasciate da Paola Defendi, sua madre, immediatamente dopo il ritrovamento del corpo di Giulio.Diceva che Giulio credeva di poter migliorare la vita delle persone, nel ruolo della ricerca come strumento di emancipazione dell’uomo e della donna.

Non entrerò nel merito della questione giudiziaria perché dovrebbe bastare il fatto elementare che un giovane uomo, libero e assetato di verità e giustizia sia stato rapito, torturato e ucciso, per chiudere i termini della questione e suscitare indignazione. Dovrebbe bastare sapere che a tre anni dalla scomparsa di Giulio non ci sono colpevoli e non ci sono state azioni significative e volontà politica di ammettere la verità e la verità è atroce. La verità è che i poteri forti si sono costruiti e vivono dentro l’agghiacciante convinzione di poter plasmare le società degli uomini a propria immagine e somiglianza: si esegue, non si discute, si annienta qualsiasi volontà che non risponda al riflesso dell’autorità.

La verità è che i poteri forti si sono costruiti e vivono dentro l’agghiacciante convinzione di poter plasmare le società degli uomini a propria immagine e somiglianza: si esegue, non si discute, si annienta qualsiasi volontà che non risponda al riflesso dell’autorità

egitto-uccisoMi fermo. Le connivenze, gli occultamenti e la vigliaccheria piegati agli interessi (commerciali, economici, politici) sono noti a tutti e se non lo fossero, per rispetto della memoria di Giulio, che lo siano: le possibilità di informarsi non mancano e nessun alibi o presunzione di assoluzione tengono in questa triste storia.

La morte di Giulio e soprattutto la farsa delle indagini, l’imbellettamento ipocrita delle autorità di controparte che sanno di non esercitare nessun potere per fare giustizia, pongono una questione che coinvolge tutti, nessuno escluso. Che cosa abbiamo da dire adesso sulle nostre belle società occidentali, fondate sul diritto? Sul principio per cui la legge, gli stati sociali rappresenterebbero un consorzio solidale ad argine dell’abominio cui ha dimostrato di sapersi spingere l’uomo sull’uomo? Non basta l’idea della tortura a far saltare in piedi chiunque, a far rabbrividire la pelle e chiedere giustizia?

Che cosa abbiamo da dire adesso sulle nostre belle società occidentali, fondate sul diritto? Sul principio per cui la legge, gli stati sociali rappresenterebbero un consorzio solidale ad argine dell’abominio cui ha dimostrato di sapersi spingere l’uomo sull’uomo? Non basta l’idea della tortura a far saltare in piedi chiunque, a far rabbrividire la pelle e chiedere giustizia?

Che Paese è quello che non pretende (realmente e ostinatamente) chiarezza su quanto accaduto? Che Paese è quello che sacrifica il dolore di una famiglia, foss’anche di un solo essere umano, in nome della ragione di stato (occulta) e quella ragione nemmeno la ammette a sé stesso? Di stato? O di alcuni? … quegli alcuni che sul piatto della bilancia pesano più dello strazio davanti alla morte violenta?

La giustizia non è mero regolamento di conti; la giustizia è lo strumento più nobile a garanzia della convivenza civile. Quasi mai ripara il torto subito, e non restituisce un figlio alla sua famiglia, un cittadino al suo Paese, un uomo alla vita ma è un marchio, un marchio indelebile a certificare che l’errore deve essere punito, che la colpa è inammissibile. Ai responsabili non si chiede semplicemente di pagare: il riconoscimento della colpa equivale ad affermare la pubblica riprovazione, a rinnovare un patto sociale, un’alleanza di umanità.

Non si tratta di una morte e basta. Tre anni fa hanno vinto la repressione, il senso di onnipotenza, la bestialità.

Non si tratta di una morte e basta. Tre anni fa hanno vinto la repressione, il senso di onnipotenza, la bestialità. No, bestialità è sbagliato, nessun essere animale uccide un suo simile volontariamente, meno che mai lo tortura dimostrando di non riconoscere nell’altro un proprio simile.

No, bestialità è sbagliato, nessun essere animale uccide un suo simile volontariamente, meno che mai lo tortura dimostrando di non riconoscere nell’altro un proprio simile.
E’ un male dilagante, l’uomo smette di appartenere se non si riconosce nell’altro, l’uomo diventa nulla se non prova pietà. E’ amnesia collettiva trascurare questa verità, colpa dimenticarla.

 2500 anni fa Sofocle metteva in scena l’Antigone: la giovane figlia di Edipo sfidava le leggi dello stato per rendere gli onori funebri al fratello Polinice. Per dare esempio alla città, il tiranno Creonte ne aveva impedito la sepoltura, rito sacro agli dèi, perchè tutti sapessero a quale empia fine sarebbero stati destinati se avessero osato sfidarlo.

Antigone ricopre il cadavere del fratello scavando la terra a mani nude e non si piega alla volontà di un uomo (leggi della tracotanza del potere), né si lascia contagiare dal timore degli altri, lo fa rivendicando lGiulio Regeni_Bianiéggi non scritte, quelle divine (leggi dell’accezione più alta del termine umanità).

A che fine è destinata questa umanità che non difende con le unghie e con i denti i suoi simili, se non si sente coinvolta nel chiedere giustizia, se si scopre incapace di provare pietà e dolore?

Rileggete l’Antigone.

Si. Siamo tutti coinvolti e nessuno si senta assolto dall’impegno di pretendere verità e giustizia. Sempre.

A Giulio, per Giulio.

25/01/2016 – 25/01/2019

 

Giulio Regeni_1

 


Dalila Sansone
Abracadalbero – Parole senza radici
Dalila-Sansone_ConcretaMente

Dalila Sansone – Foto: Alessandro Schinco

 

Prima di parlare rifletto, prima di scrivere no.

Le parole non hanno radici come gli alberi e non sono fatte per ancorarsi alla terra in un solo punto.

Le parole sono piuttosto semi, fatte per essere sparse dal vento e le radici ce le hanno dentro, in embrione.
Aspettano che ad accoglierle non sia terra ma animo fertile.

Sostanzialmente estranea a me stessa, ne riconosco tratti in quello che amo, di più in quello che detesto.

 

 

 

 

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